Lo Sbernecchio Del Bubbù

fotografie Antonio Ficai

Crediti

coreografia, regia Giuseppe Muscarello
musica eseguita dal vivo Pino Basile
interpreti Pino Basile, Giuseppe Muscarello
drammaturgia Giuseppe Provinzano
produzione Pindoc
con il contributo di MIC Ministero della Cultura – Regione Sicilia
con il sostegno di Centro di Residenza della Toscana (Armunia – Castiglioncello/ CapoTrave/Kilowatt – Sansepolcro) Spazio Franco/Palermo

Note drammaturgiche

Senza essere invitati, durante la nostra ricerca, ci sono venuti a trovare 2 personaggi della narrativa di Mark Twain, quel “Principe” e quel “Povero” quali archetipici riferimenti per indagare il tema dell’identità e della maschera sociale. L’ispirazione ha trovato nella ricerca coreografica nuove composizioni e percorsi drammaturgici da attraversare.
Il Principe “somiglia” al musicista e i suoi giocattoli sono tanti strumenti, non riescono a dargli felicità. Il Povero “somiglia” a un danzatore che non ha altro che il suo corpo …pieno di creatività. In questo contesto di riferimento, il bubbù diventa quello strumento che, come gli spiritelli diodionisiaci, col suo sbernecchio confonde gli umani liberandoli.

Lo sbernecchio del Bubbù è un racconto sull’empatia che guarda con ironia al destino e all’inganno delle apparenze tra chi ha tanto e chi non ha niente. E’ un inno alla felicità e al saper guardare le piccole meraviglie quotidiane come vera ricchezza ben lontana dall’accumulo di beni. Il lavoro è dedicato ai bambini alla grammatica della loro immaginazione libera e coraggiosa.
Nello spettacolo un musicista e un danzatore entrano in relazione tra loro, incontrandosi scontrandosi e scambiando le identità, per tornare diversi al proprio essere e capaci di entrare nei panni dell’altro con una sensibilità più acuta. Dai 3 anni in sù lo spettacolo parla a tout public rivolgendosi soprattutto ai bambini veri, quelli presenti in ogni adulto.

La ricerca ha messo al centro della composizione coreografica l’ironia che parte dall’osservazione del gesto, dei movimenti e dei suoni nelle loro declinazioni popolari, umane e identitarie. La ricerca coreografica è fortemente ispirata dalla tradizione popolare siciliana, la frammentazione del gesto del pupo, la sua innata capacità evocativa si è mescolata alle sonorità pugliesi e agli strumenti effimeri suonati in scena. Musica e danza hanno generato un segno dove l’apparente nonsense si fa linguaggio. Un gioco di sospensioni e metafore per esprimere attraverso il riso il potenziale trasformativo dell’empatia. Un musicista diventa danzatore e un danzatore diventa musicista, le loro fragilità nell’essere “fuori ruolo” sono l’unica via per scoprire quanto la fiducia verso l’altro possa cambiare la vita di ciascuno.